Coronavirus e carcere

Gli effetti collaterali dell’emergenza sanitaria

Nelle ultime settimane l’Italia ha subito la chiusura quasi generale delle attività formative sul territorio nazionale. Molte sono state anche le aziende che hanno serrato le porte dove non è stato possibile attivare lo smart working dal domicilio dei lavoratori. Anche la CoopThc ha assaporato sulla propria pelle questo blocco sospendendo numerose attività programmate in partenza per la prossima primavera. Anche di fronte alle ultime notizie di cronaca sulle carceri, il nostro pensiero va ai detenuti, protagonisti di moltissimi progetti della cooperativa.

Sebbene non manchi la voglia per sfruttare al meglio i ritmi rallentati che questo momento storico impone per prepararsi e tornare con attività sempre meglio strutturate, ci fronteggiamo con un immobilismo che di fatto ha annullato tutti quei processi che prevedono accesso da e per l’esterno per evitare il contagio all’interno delle strutture penitenziarie. Una misura preventiva e quanto mai necessaria per eludere situazioni ingestibili. 

A farne le spese sono proprio i detenuti e gli ufficiali di polizia che si trovano a dover fronteggiare una situazione di completa interruzione delle attività ricreative, parte integrante del processo di recupero sociale sponsorizzato dall’ordinamento penitenziario e spesso valvola di sfogo di un ambiente complesso e delicato. Gli effetti di questa stasi si riflettono soprattutto sull’umore di coloro che vivono nell’istituto penitenziario rischiando di andare incontro a processi degenerativi psicologici che possano sfociare in malcontento e, nei casi più gravi, in rivolte interne come accaduto nei giorni scorsi. 

L’emergenza sanitaria ci impone una doverosa riflessione di quanto sia indispensabile per il sistema carcerario il terzo settore essendo in grado di realizzare, se non percorsi esterni, perlomeno quelli interni che possano sopravvivere a una chiusura totale come quella che stanno vivendo adesso. Molte strutture hanno, attive ed autogestite, progettualità dove si lavora la terra, ci si dedica al giardinaggio e alla cura del bestiame o semplicemente si ha accesso ad una biblioteca con libri e computer. Per molte altre realtà, una grande maggioranza di queste attività sono legate alla presenza esclusiva di soggetti esterni: un formatore o un volontario. 

Da qui lo spunto per studiare ed elaborare i prossimi progetti, potenziandoli nell’intento di strutturare un’autonomia che sia in grado di garantire l’attivazione e la continuità di un percorso rieducativo indipendente da forze esterne. Questo mettendo in condizioni la direzione del penitenziario di poter avviare in completa autonomia i programmi che maggiormente ritiene validi. Prevedendo strutture più snelle di impresa sociale che possano e sappiano presentare una soluzione al sistema carcerario affinché gli ostacoli siano superati con più facilità. 

Come cooperativa per questo progetto ci vengono in supporto i fondi derivanti dal 5×1000, che il terzo settore è in grado di intercettare, con i quali è possibile intervenire con donazioni mirate di natura strumentale o in opportunità lavorative e formative. Sono queste le motivazioni che ci spingono a strutturare la crescita della CoopTHC, indirizzando il pensiero a ciò che riteniamo fondante per l’aiuto della comunità. L’impegno del terzo settore può essere l’elemento che fa la differenza ed è bene esserne totalmente responsabili.

Mirko Pascale – Presidente CoopThc