Il rapporto tra la recidiva e il lavoro

L’importanza del reinserimento socio-lavorativo dei pregiudicati e l’abbattimento della recidiva.

Il lavoro è un elemento essenziale nella vita di ognuno di noi. Ma ti sei mai chiesto quale sia il suo valore nella sfera personale di coloro che hanno riportato condanne penali? L’inclusione lavorativa è uno dei grandi temi che cerca di dare risposte a questo interrogativo abbattendo il fenomeno della recidiva.

Cosa stabilisce l’ordinamento italiano sull’inclusione lavorativa

L’articolo 20 (link al sito nel sottolineato https://www.brocardi.it/legge-ordinamento-penitenziario/) dice che devono essere favoriti in ogni modo il lavoro e la partecipazione a corsi di formazione professionale all’interno o all’esterno del carcere sia che siano organizzati da enti pubblici o privati. Il lavoro penitenziario serve a dare una seconda occasione al detenuto. Per questo la legge stabilisce che non ha carattere afflittivo, cioè che non è destinato a limitarne la libertà, ed è remunerato.

Il lavoro deve riflettere il contesto comune della società libera in modo che i soggetti possano acquisire una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative che favoriscono il reinserimento sociale.

Che effetti ha l’impegno lavorativo?

Nel momento in cui al detenuto vengono assegnate mansioni, regole, ruoli e orari, l’individuo si trova ha a che fare con un ambiente composto di relazioni in cui si può sentire utile e valido e la sua responsabilità e motivazione.

I dati statistici lo dicono chiaramente: il lavoro in carcere abbatte la recidiva.

I detenuti hanno la possibilità di imparare cosa vuol dire svolgere un compito e raggiungere un obiettivo, apprendendo e allenando la mente alle regole del lavoro tanto che, una volta usciti dal carcere, possano ristabilirsi sotto il profilo umano e professionale.

I dati sul lavoro nelle carceri italiane

Dai dati provenienti dal ministero della Giustizia quello che emerge è che nel nostro Paese sono 17.614 le detenute e i detenuti che lavorano: 15.228 curano l’amministrazione carceraria, mentre 2.386 lavorano per cooperative o srl, dagli autolavaggi al data entry, dalla lavanderia alla tipografia, fino alla produzione di alimenti.

È ormai stabilito quanto giochi un ruolo fondamentale l’idea di costruire un sistema di relazioni che vada a riempire di programmi e di consapevolezza la quotidianità della persona privata della libertà. Alcune ricerche affermano come un anno in meno in un carcere “chiuso”, e invece un anno in più in un carcere diverso riduce la recidiva di nove punti percentuale. Inoltre, altre indagini ancora aggiungono come la recidiva in detenuti che non svolgono programmi di reinserimento sfiora il 90%, mentre tra i detenuti reinseriti in un contesto socio-lavorativo scende al 10%.

L’importanza di ridurre la recidiva per la comunità

L’abbattimento della recidiva porterebbe ad un risparmio di 210 milioni di euro per lo Stato. La reintroduzione del detenuto è di per sé un fatto sociale e umano di incredibile spessore, ma bisogna sottolineare come abbia anche un risvolto economico notevole per la collettività.

Molti sono gli aspetti che vengono valorizzati nella sfera personale del detenuto lavoratore, come le conoscenze e le abilità, la consapevolezza di sé, la riduzione della solitudine, la distensione nel rapporto con gli agenti, il miglioramento dei rapporti con i familiari e la relazione tra carcere e territorio.

Chi non si concepisce autonomo è più collaborativo: crea senso di unione e porta la collettività ad aumentarne il suo valore. La valorizzazione della persona risulta essere cruciale perché i detenuti stessi riscoprono motivazione e sono in grado di fornire un servizio di alta qualità, sia per la professionalità che per l’umanità.

Il pensiero conclusivo su cui si vuole mettere l’accento, come meglio spiegato da Filippo Giordano, docente di economia aziendale alla Lumsa, è che «il fine ultimo è proprio quello di stimolare, nelle istituzioni pubbliche e nella società, una riflessione informata e consapevole circa la missione del sistema penitenziario e la sua funzione sociale attribuita dalla Costituzione Italiana».